Quante volte, salendo in val Seriana, l’abbiamo sbirciato da sotto in su, chiedendoci come caspita poterlo visitare…
Non è difficile, possiamo raggiungere quest’ardito santuario comodamente in auto o con una graziosa passeggiata, che potrebbe continuare sull’ameno altopiano del monte Cavlera. I più sportivi, lungo il percorso, potranno cimentarsi all’“Arrampicata di S. Patrizio”, una palestra di roccia ricavata in una antica cava.

Ma cosa ci fa il patrono d’Irlanda nelle nostre terre? Vertova e Colzate giacevano su una delle strade dei commerci, dove non era difficile incontrare pellegrini o mercanti d’oltralpe, che importavano magari reliquie e culti stranieri. Al contrario, non erano pochi i nostri bergamaschi che migravano in cerca di fortuna per poi rimpatriare con ricordi di luoghi esotici.
Ma si racconta anche di un irlandese che, venuto a commerciare a Vertova, si trovò costretto ad affrontare una banda di briganti, uscendone illeso, decidendo così di far costruire un’edicola con una statua in tufo di S. Patrizio.
Ed ecco come sorse sui Grumi (sperone roccioso) del Cavlera il primo sacello, nel XIV secolo, affrescato nel 1514 da Jacopino Scipioni d’Averara con le storie di S. Patrizio (suoi anche i magnifici affreschi riportati recentemente in S. Maria delle Grazie a Bergamo): una meravigliosa sorpresa, firmata, datata nel 1514 e descritta in caratteri gotici!
I recenti restauri hanno portato alla luce una Crocifissione dipinta sotto la mensa dell’altare, una piccola teca in pietra con alcuni resti ossei (chissà mai possano essere proprio di san Patrizio?) e un interessante Giudizio Universale della parete dell’altare, con una rara iconografia di Cristo con giglio e spada ai lati del capo, simboleggianti la doppia sentenza di salvezza e di dannazione che egli pronuncia; curioso è trovare la rappresentazione di Inferno e Paradiso ma non del Purgatorio, che proprio Patrizio descriveva con l’aiuto dell’invenzione del “pozzo”: le devozione dei culti purgatoriali legati al Santo furono infatti vietati da papa Alessandro VI nel 1497, poco prima di questi affreschi.
L'affresco con la crocifissione nel sacello del Santuario Il giudizio universale affrescato sulla parete dell'altare
Nella conca della piccola abside dietro l’altare scorgiamo una dolce Natività.
All’esterno di questo prezioso e antico sacello troviamo alcuni affreschi purtroppo rovinati dalle intemperie (S. Cristoforo, due giovinette in preghiera, S. Sebastiano e un Cristo portacroce).
Dal 1581 venne poi costruita la chiesa “granda”, che ci meraviglia per l’apparato decorativo scenografico: dal 1600 al 1700, dal barocco al rococò, vari ancora sconosciuti artisti riescono a decorare interamente la semplice struttura architettonica impreziosendola di colore; finte architetture e sfondamenti, cornici, pilastri, modanature ma anche stucchi e intarsi marmorei, spesso con il mero ausilio della pittura a secco! Le famiglie locali benestanti di Vertova volevano stare al passo della committenza cittadina! La pala d’altare di Francesco Capella e la statua lignea policroma di Giovan Battista Caniana completano la preziosità di questo luogo sacro.
E il pozzo di San Patrizio?

Be’, un vero pozzo non sembra esserci, anche se una leggenda racconta della “tamböra”, una profonda voragine dalla quale sarebbero provenuti i lamenti delle persone condannate all’Inferno, motivo per cui la gente del posto la chiuse poi con terra e pietre.
Tuttavia l’acqua miracolosa arriva appena sotto, dove una nicchia protegge un piccolo San Patrizio in tufo (vi ricordate la leggenda descritta qui sopra?): si narra che lavandosi gli occhi con quell’acqua, precedentemente sparsa anche sulla statuetta, si protegga la vista da malattie future.
Non manca nemmeno il forno per i michini, il panbiscotto a forma di rosetta con stampata l’effige del santo su ogni “petalo”. La vigilia della ricorrenza della morte, il 17 marzo, venivano distribuiti a tutti gli abitanti di Vertova, per esser consumati durante una malaugurata occasione di malattie di persone o animali.
Ma arriviamo alla nostra leguminosa, il trifoglio

Ne troviamo qualcuno in metallo inserito nelle pareti lungo la strada che porta da Vertova al santuario (tanti sono stati purtroppo asportati). Perché? Perché il trifoglio era usato proprio da S. Patrizio per spiegare la Trinità, un’unica foglia con tre foglie! Ed è diventato anche un simbolo dell’Irlanda, patria del nostro Santo.
“E il quadrifoglio?” vi chiederete voi… Il quadrifoglio è il simbolo dell’Alta Via delle Grazie, un nuovissimo Cammino spirituale che da Bergamo ci porta a scoprire in 13 giorni (8 giorni in mountain bike) tanti santuari delle nostre Prealpi e Alpi Orobie. In questo caso il quadrifoglio è simbolo della unicità, rarità, fortuna e bellezza e rappresenta i 4 ambiti più significativi del Cammino: natura, arte, spiritualità, accoglienza.
Il nostro San Patrizio, insomma, ha fatto tanta strada e tanta ne fa percorrere a chi vuole incontrarlo.

Note
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