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Il Teatro della Società

17/02/2024

Quando si percorre a piedi la Corsarola, il Teatro Sociale passa quasi inosservato; la sobrietà della facciata, semplice ed elegante, si discosta dai modelli monumentali che caratterizzano i teatri d’opera ottocenteschi (basti pensare Teatro alla Scala di Milano). Gli elementi anomali sono due: prima di tutto manca il portico, riparo necessario alla discesa dalla carrozza degli elegantissimi avventori che giungevano qui per indimenticabili serate mondane, inoltre il muro esterno, ricoperto di pietra arenaria, non si addice ad un edificio neoclassico e ricorda invece l’aspetto medievale del centro storico. Questo guscio di pietra cela al suo interno una gemma preziosa e, proprio per il fatto che risulta inaspettato, il Teatro Sociale genera in chi entra per la prima volta stupore e meraviglia.

Un teatro stabile per Città Alta

All’epoca della costruzione del Teatro Sociale, Bergamo aveva già un teatro stabile: era il Riccardi, oggi Teatro Donizetti, situato di fronte alla Fiera di Bergamo e frequentato da bergamaschi e forestieri. Il secondo teatro cittadino fu fortemente voluto dagli esponenti delle famigie più in vista di Città Alta che trovavano scomodo raggiungere il teatro ai piedi del colle. Molti dei promotori del progetto possedevano già un palco al Riccardi e, quando scoppiò una vertenza tra di loro e l’impresario, ogni esitazione si dissolse e la decisione fu presto presa: i rappresentanti delle famiglie più prestigiose della città avrebbero costruito un teatro di loro diretta proprietà, sul quale avrebbero avuto controllo totale e voce in capitolo nelle scelte di programmazione degli spettacoli. Era il 3 marzo 1803 e il teatro nei nobili dell’alta società bergamasca, il Teatro Sociale, iniziava la sua storia.

Un progetto… una sfida!

Non deve essere stato facile per i promotori del progetto individuare un sito adatto ad un edificio di questa mole, considerando che il tessuto urbano di Città Alta è estremamente fitto, essendo di impianto medievale. Si optò per un’area centrale, adiacente a Piazza Vecchia e, per creare lo spazio necessario, furono acquistati e demoliti molti edifici preesistenti, pubblici e privati, botteghe e abitazioni. Il progetto fu affidato ad un valido architetto austriaco, Leopoldo Pollack, allievo e collaboratore di Giuseppe Piermarini, progettista del Teatro alla Scala di Milano. La facciata fu sacrificata per sfruttare al massimo l’area disponibile e si optò per una sala a forma di ovale troncato – e non a ferro di cavallo allargata verso il palco, tipica dei teatri all’italiana – perché si potessero ricavare pù vani. Gli ambienti di un teatro sono numerosi, oltre a foyer, palco, platea, palchi e loggione ci sono locali di servizio non sacrificabili. Lo spazio a disposizione fu utilizzato al millimetro: Pollack ricavò camerini degli artisti, uffici di biglietteria, servizi igienici, legnaia,corridoi e scale; fu predisposto un locale apposito dove collocare le sedie della platea in tempo di feste da ballo – per esempio durante i veglioni mascherati – e ogni palco fu dotato di un camerino, ovvero di un piccolo rispostiglio privato a disposizione dei palchettisti. Era fondamentale anche dotarsi di quanto le tecniche dell’epoca mettevano a disposizione per scongiurare la malaugurata e temutissima ipotesi di un incendio: a completamento del progetto, l’architetto predispose vasche di contenimento dell’acqua piovana.

L’inaugurazione: 26 dicembre 1808

La costruzione si concluse in tempo per la stagione di Carnevale del 1808 e il 26 dicembre il Teatro della Società aprì i battenti a Bergamo Alta. Eleganti dame e signori, facendo sfoggio di abiti ed accessori all’ultima moda, giunsero nel loro teatro e ciò che trovarono risultò all’altezza delle aspettative. Platea e palchi risplendevano della luce di centinaia di candele che mettevano in risalto le meravigliose decorazioni che abbellivano soffitto e parapetti: il risultato era di fortissimo impatto. Certo, come sempre accade, qualche critica fu mossa... secondo alcuni, la linea curva dei palchi ostacolava la visione ottimale della scena. Ma questi commenti non oscurarono il successo della serata che fu catalogata come decisamente ben riuscita.

Livia Salvi
Ciò che mi appassiona dell'essere guida è svelare ai visitatori come la Bergamo di oggi raccolga in sé tutte le città che è stata nel passato; è il poter invitare a guardare luoghi ed opere come realtà vive e modellate dal tempo e dalle scelte di chi ci ha preceduto. La mia formazione è umanistica: mi sono laureata in Conservazione dei Beni Culturali all’Università Ca’ Foscari di Venezia e in Lettere all’Università degli Studi di Bergamo; ho conseguito la laurea specialistica in Storia dell’arte all’Università degli Studi di Verona. Dal 2011 al 2019 ho collaborato come redattrice con il mensile "InfoSostenibile" per il quale curavo la rubrica sulle Mostre d'arte consigliate. Sono abilitata in italiano e in inglese.

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