Una città... sotto la città
La città sul colle, il borgo storico racchiuso dalla cerchia delle Mura veneziane patrimonio dell’Unesco, è la più famosa attrattiva per chi visita Bergamo. Quando passeggiamo lungo l’animata Corsarola, o ci soffermiamo ad ammirare la suggestiva Piazza Vecchia, o ci addentriamo nelle strette viuzze dal sapore medioevale, certo non immaginiamo che sotto il selciato che calpestiamo, alla profondità di 2/3 metri, si nasconde un’altra città, ancora in parte sconosciuta, ma rivelatasi ormai, attraverso 40 anni di campagne di scavo archeologico, nell’impianto regolare delle sue vie, nella ricchezza delle sue “domus”, nella monumentalità degli spazi e degli edifici adibiti all’uso civile e religioso.
Abitare nella città romana
Si chiamava Bergomum, questa città, e i suoi abitanti parlavano latino. Si incontravano nel mercato coperto del Foro, attiguo a Piazza Vecchia, o alle Terme, situate in Piazza Mercato del Fieno; percorrevano il Decumano Massimo, la via principale, che segue il percorso delle vie Gombito/Colleoni; andavano ad assistere a rappresentazioni di commedie o tragedie nel Teatro e agli incontri dei gladiatori, seguiti con un tifo pari al nostro per il calcio, nell’Anfiteatro, entrambi situati molto probabilmente nell’attuale zona di Colle Aperto. C’erano inoltre diversi luoghi dove si praticava il culto rivolto alle diverse divinità del pantheon ufficiale romano, ma anche a divinità “importate” dalle lontane regioni orientali dell’impero, come testimonia il ritrovamento in via Arena di un luogo di culto dedicato al dio Mitra. E le case? I ritrovamenti ci raccontano di domus che seguivano la morfologia dei colli, precedentemente terrazzati, con vani di servizio seminterrati, su cui si impostavano uno o più piani superiori, decorati da affreschi parietali a fasce geometriche di vivaci colori o con figure realistiche di animali o vegetali e arricchiti da pavimenti musivi a tessere bianche e nere, come nell’area archeologica sotto la Cattedrale, in vicolo Aquila Nera e in via Solata, mentre dallo scavo recente della prestigiosa domus di via Arena è emersa una bella testa di Gorgone che decorava la pavimentazione di uno dei locali. Le numerose anfore di varie forme e dimensioni ritrovate in diversi luoghi della città ci descrivono inoltre una rete di commerci molto fitta tra la città e varie località dell’area mediterranea. Olive in salamoia, olio, “garum”, una salsa piccante a base di pesce fermentato, e soprattutto vino giungevano dalla Grecia, dall’Iberia e dall’Italia meridionale, ma sorprende che nella nostra piccola città di provincia ci fossero anche raffinati consumatori di un vino passito prodotto a Creta in quantità limitate.
Nomi che raccontano storie
Fuori dalle porte delle antiche mura, lungo le strade che portavano a Brixia, Comum e Mediolanum, sono state rinvenute le testimonianze delle necropoli, dalle quali provengono numerose epigrafi funerarie su lastre di pietra, conservate ed esposte nel Civico Museo Archeologico di piazza Cittadella. Queste ci raccontano storie di uomini e donne che hanno vissuto nella città romana, ci rivelano i loro nomi, che spesso nascondono nomi di origine celtica divenuti gentilizi, a imitazione di quelli romani. Scopriamo così che la città era abitata da personaggi che ricoprivano alte cariche pubbliche, da militari di stanza nel territorio della “Gallia Cisalpina”, da liberti, schiavi liberati che avevano avviato un’attività commerciale, e conosciamo anche rapporti di parentela tra mogli e mariti, fratelli, sorelle, padri e madri che piangono il figlio prematuramente scomparso.
Così, soffermandoci a leggere queste antiche iscrizioni, ritroviamo i vari caratteri di un’umanità vicina a noi, nonostante sia vissuta 2000 anni fa in quella che Plinio definisce “extrema pars Italiae”.
Note
Tutte le foto sono state scattate dall'autrice dell'articolo